Menu principale:
artisti > poetesse - poeti
Maria Grazia Pettorossi è nata a Porto Recanati (MC).
Si è laureata in architettura a Roma, vive a Bologna.
Ha pubblicato, nell'ottobre 2005, una prima raccolta di poesie: "Tracce d'ombra, segni di luce" per le edizioni Pendragon con prefazione di Vincenzo Bagnoli.
Nel settembre del 2006 è risultata finalista, con medaglia d'argento, al "Premio Letterario Internazionale Maestrale-San Marco".
Nel 2007 è stata pubblicata nell'antologia "FARE, DISFARE, RIFARE", edizioni Perdisa, con due poesie sulle donne d'oriente: Storia di Marta e Storia di Maria.
Più volte recensita nella rivista "IL DOMANI" per la rubrica letteraria "L'Alfabeto di Atlantide".
Nel 2008 è stata pubblicata nell'antologia "IL VIAGGIO" con la raccolta "Andante con moto".
Sempre nel 2008 ha pubblicato - con l'edizioni Pendragon - il secondo libro di poesie: "Viaggi di ritorno" con la prefazione di Salvatore Jemma.
E' stata pubblicata nell'Antologia "Isole d'infinito", a cura dell'Associazione "Coro a più voci", con tre poesie scelte.
Finalista, con menzione d'onore, per la poesia "Una vela" nel concorso POESIA-ESTATE del Comune di Porto Recanati, Edizione 2008, indetto dall'Associazione "Coro a più voci".
Finalista, nel 2009, con la poesia "Profuga" nel Concorso Letterario "Poesia-Estate" indetto dall'Associazione "Più Voci … Nel Coro".
*** *** *** *** ***
Profuga
Cerco asilo
da insonni tormenti
e lungo pianto.
Ho occhi antichi
graffiati dall'ago
della solitudine.
Profuga, attendo
una stella chiara,
un'ala di candida piuma.
Sogno, prigioniera,
dietro le foglie secche
del recinto d'inverno
che nasca un fiore:
la prima notte di pace,
il ritorno a casa.
Un giaciglio
Per me marinaio
la tavola rozza della barca.
Accarezza onde
e mi dona gocce d'acqua
a rigarmi il viso.
Nella grotta di sasso
al suono dei grilli
una veglia
ballerina di stelle,
sulle labbra aride.
- Sono un soldato -
solo nella tenda
abbracciato
alla minaccia di morte
che mi schianta il pensiero.
Poi sabbia e notte,
su nodi di tappeti scuri
a chiudere gli occhi
contro il vento
senza il cuscino dei sogni
o la culla delle tue braccia.
Entrando, uscendo
Entrando
scopro bar sonori
con volti e suoni
rotti e struggenti.
Occhi noiosi
non promettono sorprese.
Sento battere il cuore
segreto della città
che sotto ha un fiume
nascosto,
una disperazione
acquattata e ombrosa,
sorda alla luna.
Uscendo,
provo una roca pietà
per questo mondo
liquefatto e nero.
(tango)
Ritorno
Ho tessuto una rete
che non riesco e stracciare.
E' un incantamento
avvolgente,
una matassa di nodi
e di vuoti
che,arrotolata,
stringe il pensiero.
Dai vuoti,
aria immobile,
fissa al ciglio del giorno.
Poi onde e terre e mari.
Impigliati ai nodi
granchi e creature moribonde
che trascino con me
per riportarle vive.
Un lungo andare
da città a deserti
con lampi e polvere.
L'anima è macerata dal fango,
il corpo tagliato
da lame pungenti.
Tornare è accettare
una breve, brevissima morte.
(sinfonia)
Corrente
La chiatta sulla riva.
Guardo l'acqua,
sul fianco:
l'onda breve
la spinge dolcemente.
Avrò questo piacere
dondolante
a trascinarmi lontano,
a vedere occhi di rane
e ali di tremule libellule,
a sentire cori di grilli
e urli di rari uccelli.
Bello, dopo il silenzio
gocciolante
questo tenue rinvenimento.
(rag-time)
Sabbie aride
Bambini con occhi
liquidi e scuri.
Insistono, vicinissimi,
attaccati alla mia veste.
Sento tirare
mani e braccia,
vogliono
tutto quello che ho.
Cattivi per poco,
paurosi e inquietanti,
mi toccano, ridono
con denti bianchissimi.
Io aspetto un battello
che mi allontani
dalle loro sabbie assolate.
Resteranno fermi
ad indicare la loro vita
arida, oltre il deserto.
(adagio)
L'ultima notte
Dopo il viaggio
riprenderai
cose dimenticate.
Per una notte
rincorrerai i volti
e le loro ombre.
Per chi il pianto?
O da chi fuggi
ridendo?
Li hai incontrati
e in fretta
lasciati indietro,
ché il vento
li cancelli.
Sono uguali,
monotoni e nudi.
Affannosamente hai cercato
tesori ignari.
Ora chiedi al mattino
che ti svegli leggero,
con morbide attese
e un abbraccio
d'azzurro.
(finale con sentimento)
Cosa lascio indietro
Parto.
Qualcuno afferra
la mia veste
che lascio sulle strade.
Giro le spalle
e chino la fronte
per non guardare la città
smarrita,
i suoi semi secchi
caduti da alberi spogli.
Mi fermo davanti al deserto,
la pelle sabbiosa,
bruciati i capelli.
Poi attraverso il mare.
A lui lascio le parole,
uscendo dall'onda.
Dono il corpo alle sirene
che, sfrontate,
con occhi atroci
divorano gli uomini.
(ouverture)
Un giro dietro l'angolo
Supero l'angolo
dietro un lungo muro
di diamante.
Com'è bianco di sole
tagliato dall'ombra inclinata!
L'aria magica
mi invita a restare
e respirare
una confidenza amabile
tra le case e le strade.
Ma poi,
resto ingarbugliata
da parole sfrontate.
Sciupato l'idillio,
resta un ansioso
timore
per tanta vergognosa
crudeltà.
Voglio salvarmi
e torno indietro
girando dietro l'angolo.
(rondò)
Menu di sezione: